Il Tempio Crematorio

Le origini del Cimitero Suburbano risalgono al XVIII Secolo quando con decreto Motuproprio emanato il 21 marzo 1785, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo sancì la soppressione «di tutte le Compagnie, Congregazioni, Congreghe, Centurie e Confraternità […] compresivi anco i così detti Terzi Ordini». In base alle determinazioni del Motuproprio del 1785, in seguito alle soppressioni, le procedure della presa di possesso dei beni delle Compagnie abolite furono affidate agli amministratori dei Patrimoni Ecclesiastici delle rispettive diocesi per la loro vendita. Dopo l’acquisizione del patrimonio finanziario derivato dalle alienazioni dei beni mobili e immobili delle Compagnie religiose, si concretò il progetto di un nuovo cimitero nella tenuta di Campaldo, lungo la via Pietrasantina, una strada extraurbana all’epoca di proprietà del monastero di San Martino e allivellata ai fratelli Venturi. In quel l’unico luogo si dovevano raggruppare le sepolture di “tutti”, fino allora distribuite nei sette cimiteri periferici (San Piero a Grado, San Michele, San Giusto in Cannicci, Sant’Ermete, Putignano, Riglione, Oratoio). Sei dei quali sono tuttora conservati per le attività cimiteriali.

L’idea era di predisporre uno spazio decoroso e modernamente attrezzato per accogliere i segni funebri della memoria individuale e collettiva, considerandolo un preciso dovere nei confronti della cittadinanza.

A destra dell’asse centrale del Cimitero (350 metri dalla cancellata d’ingresso), in un’area in quel tempo acattolica, si trova il Tempio Crematorio che, sebbene non più in uso, costituisce oggi un’espressiva testimonianza del positivismo ottocentesco e della sua fede nel valore della scienza.

La costruzione del Tempio è dovuta all’intraprendenza della Società Pisana per la cremazione dei cadaveri presieduta dal dottor Apollonio Apolloni (Arcidosso, 27 novembre 1831 – Pisa, 4 luglio 1904), medico chirurgo, strenuo difensore dell’utopia igienista, attivo nel Risorgimento partecipò a tutte le campagne del generale Giuseppe Garibaldi, distinguendosi per audacia e lealtà. Il 7 luglio 1882 fondò la Società Pisana per la cremazione dei cadaveri che diede inizio alla raccolta di fondi per la costruzione del Tempio Crematorio. La somma necessaria ammontava a lire 5.500 che in breve tempo fu raggranellata fra i 150 Soci e loro parenti o conoscenti.

Considerata segno di maturità e civiltà per una società moderna capace di conciliare la novità della scienza con il rispetto delle tradizioni più antiche, la cremazione si scontrava all’epoca (oggi non più) contro il dogma cattolico della “resurrezione della carne”, così che la sua introduzione all’interno del Cimitero Suburbano ne rafforzava il significato di luogo attento alle esigenze delle varie fedi religiose ma anche dei molteplici convincimenti ideologici.

Il 18 novembre 1885, il Tempio Crematorio (regalato dalla So.Crem. al Comune di Pisa il 13 gennaio 1898) fu quindi inaugurato con una solenne cerimonia cui prese parte il consiglio direttivo della Società Pisana per la cremazione dei cadaveri, il Sindaco cav. Peverada, il cav. Feroci per il consiglio provinciale di sanità e l’ing. Venini costruttore del forno. La cremazione durò dalle ore dodici alle quindici e riuscì perfettamente senza fumo né cattive esalazioni.  La notizia fu riportata con grande risalto dai giornali dell’epoca. Di fatto Pisa fu tra le prime città in Italia e in Europa ad adottare la pratica crematoria, diventando quindi un modello anche per la tecnologia usata nella costruzione dell’impianto, presto imitato, da altre città e altri paesi.

La struttura

Il luogo ove si faceva la cremazione prende significativamente il nome di Tempio. A Pisa, il Tempio ha una scalinata esterna in marmo, corredata da elementi laterali che ne amplificano l’importanza, che permette di accedere a uno spazio centrale, su cui vi insistono quattro colonne rastremate, avente funzione di atrio d’ingresso, di attesa, e di “raccordo” alle due ali laterali, su cui vi sono collocate le cellette, e a un ambiente adiacente, in asse rispetto alla facciata principale, dove era ubicato il forno. Le superfici variano secondo le funzioni per cui sono state progettate e si denota come sia stato dato ampio risalto all’atrio centrale, avente un’estensione di circa 70 mq, e alle due ali laterali che occupano, ciascuna, circa 80 mq. Lo spazio dedicato all’aspetto più tecnico e logistico della cremazione occupa circa 56 mq, cui si vanno ad aggiungere altri 28 mq, che non accessibili al pubblico, riservati agli addetti e al controllo e funzionamento del forno. L’altezza interna netta del tempio è di circa 5,00 mt mentre quella esterna, dal piano di campagna fino all’apice del timpano, è di circa 9,00 mt, denotando tutta la sua imponenza, quasi volesse essere uno spazio di rassicurante solidità che cerca di venire in aiuto alla fragilità e alla sofferenza dei dolenti, ed ergendosi a vero e proprio monumento ne assume un ruolo di primaria importanza qualificando l’intero spazio cimiteriale in una forma di abbraccio e quinta scenografica alle lapidi e sculture delle tombe antistanti ma, allo stesso tempo, vuole distaccarsene con forza a segno della propria individualità, rispettabilità e austero decoro a richiamo di una scelta antichissima ma che rimane attuale, sostenibile, e sempre più proiettata nel futuro.

La cremazione

Il forno crematorio è diviso in due parti sovrapposte, separate da una griglia di materiale refrattario.  La combustione può avvenire con diversi sistemi: arroventamento delle pareti del forno per mezzo di resistenze elettriche o bruciatori a gas, oppure per fiamma diretta. Le temperature che si raggiungono sono di 900-1000 gradi. La bara con la salma è immessa mediante guide metalliche nella parte superiore e prende immediatamente fuoco. Le ceneri e le ossa calcificate cadono progressivamente nella parte inferiore del forno, dove si completa la combustione. Un sistema di ventilazione immette continuamente aria e quindi l’ossigeno necessario per la combustione. Dopo un paio d’ore, l’operatore, che può controllare l’interno del forno mediante uno spioncino, spinge dall’esterno i resti verso una zona di raffreddamento. Da lì sono raccolti e posti su un setaccio a vibrazione, che elimina le polveri più fini. In seguito con una calamita è separato il materiale metallico rimasto (chiodi della bara, eventuali protesi, ecc.). Infine le ceneri sono raccolte e sigillate in un’unica urna, consegnata ai parenti.